IKI
"È una mattina d'estate o una nevosa, calda sera invernale e voi siete morti. Una luce grigia, immutabile appare ai vostri nuovi occhi in un paesaggio deserto dove ogni buio è possibile. Appena un attimo è passato da quando sperma e ovulo si sono incontrati per l'ultima volta nel cuore. Poi con un brivido, un breve sussulto, la vostra mente si è liberata dal peso del corpo". (tratto da - Torbide Luci, radiosi sentieri - Ugo Leonzio) IKI è il tentativo di immergersi nella dimensione fisica e spirituale della morte, è la danza di due anime che abbandonano la propria esistenza fisica terrena per accedere ad un’altra dimensione, ad un altro stato di presenza. In scena, due coniugi defunti, che attraversano insieme il confine tra la vita e la morte. Dove va a finire o dove si dirige quello spirito di vita che ci anima nella nostra esistenza terrena? IKI è la terza parte della "Trilogia sull'Anima" della coreografa e danzatrice Daria Menichetti, preceduta da due assoli, Animula, che la vede in scena, e Meru, con Francesco Manenti. “Due coniugi attraversano il confine e le loro anime si avviano oltre la vita. Questo il senso di una coreografia ispirata al libro tibetano dei morti e che dall'oscurità che l'avvolge, forse anche eccessiva nel suo celare i movimenti iniziali, si muove man mano verso la metafisica dell'esistere, lo stare nella natura e nella vita per cogliere il fruscio di un al di là. Il movimento ed il rapporto con la gravità è qui appunto 'metafisico' in quanto alla ricerca di una essenzialità che è, a mio avviso, profondamente umana”. (Maria Dolores Pesce)