STAND BY ME
Lo spettacolo si ispira alla figura di Dennis Nilsen, omicida seriale inglese, che nella sua autobiografia History of a drowning boy, tra emozioni, ragioni e rigorose ritualità, svela con dovizia di dettagli i suoi 12 omicidi perpetrati in 5 anni nell’assoluta e incredula normalità delle cose: mai un corpo è stato reclamato, mai una scomparsa denunciata, nessun assassino da scovare, perché nessuno si è mai accorto di niente. La banalità crudele della solitudine, l’assenza di libertà personale nell’Inghilterra dei primi anni ‘80, dove sfilano icone ribelli e giovani in fuga e dove l’omosessualità rimane antitesi della normalità famigliare, collocano l’orrore nella cornice asciutta della quotidianità.
In scena tre danzatori, due uomini e una donna di età diverse, che indossano per l’intera durata della performance la stessa maschera integrale: sono le tre differenti anime e funzioni di cui parla l’omicida riferendosi a sé stesso nel corso della vita. La coreografia si articola in un capovolgimento costante dei ruoli attivo, passivo e osservatore dell’azione danzata, elaborando il meccanismo di passività/reattività come forma sia estetica che poetica. L’assenza di attività muscolare, il rapporto col peso e con il movimento scheletrico del corpo, proprio e dell’altro, la caduta, la ripetizione, la manipolazione punteggiano una partitura di movimento eclettica che si sfida nel cambiamento rapido e velocissimo degli ambienti secondo un criterio di montaggio cinematografico.
La drammaturgia si compone a partire dal racconto autobiografico e dalla visione di documenti dell’epoca. È strutturata secondo un modello di scrittura cinematografica che accosta frammenti e ripetizioni in maniera non lineare: questo per dare conto della scissione psichica del protagonista e della serialità del rituale. La composizione musicale è costruita da brani sempre connessi con la biografia di Nilsen o con gli anni della sua vicenda, nella quale si insinua il sound design che rielabora il sonoro per distinguere gli ambienti e per
calare la danza nella concretezza dell’azione.