L'ETERNO MARITO
TEMI
In alcuni periodi, nel corso della vita, capita di rendersi conto che l’immagine che ci siamo scelti, o meglio che desideriamo per noi stessi, ci guardi dall’alto e ci costringa, come imputati, alla sbarra di un processo che decidiamo di autoinfliggerci.
Quanto c’è di obiettivo in questo giudizio? Quanto è frutto del contesto in cui siamo immersi? Oppure, dall’altra parte, rispetto a scelte passate che nei fatti si sono dimostrate sbagliate, è possibile dimenticarne la responsabilità? In generale, giuste o sbagliate, negative o positive, reali o immaginate che fossero queste scelte, siamo in grado di affrontare l’arringa dei sensi di colpa?
Quello che ci propone l’autore con questa storia poco conosciuta è un viaggio tra il sogno e la realtà dentro questi movimenti dell’animo umano. Alcune domande che sembra lo attraversino potrebbero essere le seguenti: Siamo ancora in grado di esercitare la cura? Di essere padri, maestri, guide? Questo è il provocatorio monito che ci lancia Dostoevskij.
La commedia di questo grande autore mantiene un’aderenza con la contemporaneità proprio trattando di due uomini qualsiasi che si trovano a combattere con la paura di non essere all’altezza dalla società, dal giudizio altrui e ancor di più dal loro stesso giudizio nei propri confronti.
Questo feroce e autodistruttivo gioco di sfida con i propri fantasmi prende sul palco, le fattezze di un dialogo del protagonista Aleksej con un grottesco conoscente, Pavel, che risorge dal passato.
SINOSSI DEL ROMANZO
La storia si svolge a San Pietroburgo. Il protagonista è Aleksej Vel'caninov, ordinario uomo ai margini dell'alta società russa che svolge affari legali ed è ipocondriaco. Ha appena subito un dissesto finanziario. Per orgoglio si è allontanato dalla solita cerchia di conoscenti, si è auto-emarginato per evitare commenti e giudizi sulla sua persona.
È con questo stato d’animo che un giorno, dopo qualche tempo che aveva l'impressione di essere seguito, viene visitato da Pavel Pavlovic Trusozkij. Egli è un suo antico conoscente. Aleksej in verità fu l'amante di sua moglie Natalia. Pavel si presenta subito come un personaggio bizzarro, spesso in preda all'ubriachezza. Egli recita la parte dell'"eterno marito", sempre bisognoso di una donna al suo fianco.
Pavel, con la scusa di essere venuto ad annunciare la morte di Natalia, fa conoscere a Vel'caninov l'esistenza di Liza, figlia illegittima di quest'ultimo. Liza si scopre essere in realtà figlia di Aleksej.
Questo stralunato incipit apre la porta a un duello tra i due protagonisti nel quale l’arma scelta è la parola. Strumento capace di trasformare la realtà e di mettere in discussione le proprie certezze, la propria visione del mondo e l’immagine di se stessi. Lo sviluppo del racconto si svolge attraverso i diversi incontri dei due antagonisti, come una sfida a scacchi, in palio la convinzione di potersi salvare o perdersi definitivamente.
NOTE DI REGIA
Quello a cui assistiamo è un racconto che usa la forma epica e i dialoghi in situazione, il teatro e il cinema, il live e il reperto filmico. Due attori compongono uno spettacolo davanti ai loro spettatori. In mezzo al palco nudo c’è la scena di una stanza ai piedi di una parete anche schermo proiettivo. Il confronto tra i due personaggi/attori appare come un duello tra due parti antitetiche di uno stesso insieme. Vel'caninov/Francesco si trova sempre più immischiato in questo rapporto di attrazione /repulsione con Trusozkij/Ciro. La stessa presenza del suo ospite ricorda a Vel’caninov le proprie responsabilità rispetto ad accadimenti del passato che si volevano dimenticati. Trusozkij è come uno specchio deformato del protagonista stesso.
Oltre “la stanza”, la sala teatrale stessa con le sue quinte, le sue maschere, i suoi ingranaggi e i suoi anfratti diventa il luogo naturale per questo duello. Trusozkij condurrà il suo amico nelle segrete del suo essere, lo trascinerà in basso al punto che Vel'caninov stesso arriverà a considerare le sue stesse gesta, il rapporto con l’ospite e collega, e l’ultimo periodo trascorso insieme in quel teatro, “un’ignobile porcata”.
Una storia che si muove sul filo della dicotomia redenzione/perdizione.
Una seduta di psicanalisi prima ancora che Freud potesse esporre le sue teorie, una riprova del genio letterario di Dostoevskij espresso in un testo minore da riscoprire.
NOTE DELL’AUTORE
L’eterno marito o Il fallimento della rappresentazione
L’amante e il marito di una moglie che non c’è più si incontrano quel tanto che basta per vedere come l’unica figlia muore tra le loro braccia. Due uomini in scena. Il primo, che non ha problemi, i problemi se li inventa; il secondo, che i problemi li ha, fa come se nulla fosse. Il primo vive la propria vita come un dramma e la presenta come tragedia; il secondo vive la propria vita come una farsa e ne scaturisce una commedia.
Ogni capitolo è uno sketch che vede i due personaggi configurarsi loro malgrado come una vecchia coppia da palcoscenico, antiteci eppure complementari: il seduttore e il cornuto, il serio e il buffo, il mattatore e la sua spalla. Da buoni farsanti che sono, Alekseij e Pavel, Francesco e Ciro, mettono così in scena la propria commedia, antitetica eppure complementare alla tragedia della vita. Rivelando come siano a loro volta antitetici eppure complementari, la vita e il teatro.
Ma vita e teatro, quando entrano in relazione, finiscono sempre per rivelare, specchiandosi l’uno nell’altra, il loro aspetto più inquietante.
Così, se Alekseij si presenta come l’ideale di Pavel, forse ne è invece l’anima inespressa; e se Pavel si presenta come l’incubo di Alekseij, forse è invece il riflesso di ciò che l’amico ha paura di essere.
Presentarsi ed essere: nel gioco della rappresentazione di se stessi davanti al pubblico. È in teatro, che ciò che si rivela rimanda sempre anche a ciò che resta nascosto. Sul palco, Francesco e Ciro cercano di presentarsi come ciò che sono realmente, senza però riuscirci mai del tutto. Ma è proprio in questo senso che vivono pienamente i loro personaggi.
Così il pubblico, come un lettore, segue con sguardo curioso e allo stesso tempo attonito il fallimento di Francesco e Ciro, di Alekseij e Pavel: come uomini, come padri, come personaggi, come attori.