AMIGDALA
AMIGDALA prosegue la ricerca della compagnia verso una “danza pubblica” intesa come esperienza partecipata di pubblico e performer in spazi urbani e naturali, architetture, edifici, sale teatrali: gli spettori sono invitati all’interno della performance stessa, condividendo spazi concreti che annullano distanze e rinunciano a filtri. Musica, parole e suoni vengono restituiti attraverso un sistema di cuffie silent-disco che permette massima dinamicità attraverso la scenografia urbana in spontaneo e quotidiano movimento. La danza occupa lo spazio nella sua cifra contemporanea ed astratta attraverso composizioni e rotture in costante evoluzione che non permettono una narrazione lineare ma aprono ad un sentire comune, emotivo, energetico ed empatico. Il modellarsi della performance sulle caratteristiche specifiche di ogni luogo e l’inclusione del movimento del pubblico nel disegno coreografico e nella composizione musicale, creano uno spazio di libertà comune dove poter scegliere e cambiare punto di vista, posizione e relazione con l’azione scenica. Amigdala tratta del meccanismo del trauma inteso come quell’avvenimento prodotto nell’organismo da qualsiasi agente capace di un'azione improvvisa e rapidissima, che provoca modificazioni generali, cambiamento, trasformazione, evoluzione. L’organismo è inteso come corpo umano, corpo sociale, spazio comune e tempo percepito. Potrebbe trattarsi di una malattia, un incidente, un terremoto, una crisi sociale o economica, una nascita o una morte, ma ogni volta ci troveremmo di fronte alla necessità di riorganizzare e ricreare un sistema che si è frantumato e scisso per potersi generare di nuovo. AMIGDALA, come dice il titolo, esplora cosa accade nelle nostre amigdale celebrali in quel punto di rottura e trasformazione, quali sono le nostre comuni dinamiche di reazione, percezione e come la nostra intelligenza emotiva, corporea e sociale si comporta di fronte al cambiamento. Amigdala è un’esplorazione emotiva, un’opera corale, una danza pagana e attuale che celebra l’individuo come parte fondamentale di sistemi allargati che si rompono e si ricostruiscono nella giostra dell’esistenza e del tempo. È un organismo danzante unico, un corpo sociale frammentato in continua metamorfosi che si sfida nella caduta e nel cambiamento, esorcizzando con il corpo la paura della diversità e dell’ignoto, perdendo identità e inventandone di nuove. Non c’è uno stile o una forma unica per la danza: il corpo si perde e si riplasma continuamente in riposta a stimoli esterni diventando scenario di dinamiche inafferrabili.
Il testo dello spettacolo, tutto giocato nella parte iniziale, funge da vero e proprio prologo, e lavorando di concerto con il sound-designing svolge una duplice funzione: da un lato opera un primo disvelamento del “tema” rendendo accessibile il concetto che sta alla base della drammaturgia - cos’è l’amigdala, come funziona - e dall’altro, attraverso immagini, associazioni, aperture e improvvise interruzioni, si serve del linguaggio poetico per sollecitare stimoli che attivano nel qui e ora il funzionamento dell’amigdala dello spettatore, al fine di prepararlo ad una fruizione logica ed emotiva della performance.
La musica, composta da Francesco Arcuri, nasce da sperimentazioni sonore realizzate durante il primo lockdown e proprio per questo risuonano tutti quei sentimenti contrastanti che la pandemia ha scatenato. È una musica cerebrale, tormentata, è un corto circuito in continua evoluzione nel tentativo di trovare una via di fuga, fino ad arrivare ad un apice emozionale in cui la parte istintiva e ritmica lascia il posto ad uno svuotamento. Una distensione interiore che si riempie di nuova linfa vitale, più musicale, dove le armonie e la
melodia sanciscono una rinascita quasi spirituale.