Laboratorio delle idee per la produzione e la programmazione dello spettacolo lombardo

Le Troiane

Le Troiane - Immagine: 1
compagnia: Comteatro
di: Euripide
tratto da: Claudio Orlandini
drammaturgia: Claudio Orlandini
cast: Francesca Biffi, Carola Boschetti, Cinzia Brogliato, Eleonora Iregna, Benedetta Marigliano, Claudio Orlandini Alessandro Simonini
regia: Claudio Orlandini
durata: 70 minuti
Le Troiane
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Scheda tecnica

Le Troiane

da Euripide

Con Francesca Biffi, Carola Boschetti, Cinzia Brogliato, Eleonora Iregna, Benedetta Marigliano, Claudio Orlandini Alessandro Simonini.

Scene e costumi Valentina Volpi

Musiche originali: Gipo Gurrado

Luci Alessandro Bigatti

Aiuto regia Simone Muciaccia

Regia Claudio Orlandini

Produzione Comteatro


 

C'è stata una guerra a Troia, lunga dieci anni.
Gli Achei hanno vinto e si preparano a tornare a casa, Troia non c'è più, gli uomini sono tutti morti, restano le donne e il silenzio, la quiete e la polvere. Polvere, polvere e terra, polvere dappertutto.
Polvere, polvere, polvere...
Ci sono terra e polvere ovunque come se un vento terribile al suo passaggio avesse sconvolto ogni cosa. E ora è silenzio e quiete e polvere.
Gli occhi delle donne sono pieni di lacrime e polvere. C'è dolore.
Ci sono le donne.
Un coro di donne che urla, vomita parole, canta, si staglia contro un destino ineluttabile. Le donne sono rimaste e a loro è affidato il compito di raccontare e raccontarsi, dichiarare, urlare il dolore per quello che c'era ed ora non c'è più, confessare le paure rispetto al destino che le attende.
Ecuba, Cassandra, Andromaca, Elena e le altre.

 

Quel che fa sì che ancora oggi abbia senso portare in scena Le Troiane, è la profondissima intuizione di Euripide di raccontare un catastrofico episodio storico andando alla radice della contesa, al cuore dello scontro, interpellando gli animi degli esseri umani che abitano il dramma ed elevando così la guerra di Troia ad emblema di ogni conflitto. In questo modo si rende sempre possibile l’attualizzazione della guerra e tutto ciò che essa comporta: la guerra di Troia, non è più solo la guerra di Troia ma diventa qualsiasi guerra, vicina o lontana che sia, geograficamente e nel tempo. La tragedia diventa un manifesto, un monito, in cui emerge lo sguardo, la voce e il ricordo di chi ha la fortuna o sfortuna di sopravvivere: è la tragedia di chi rimane. 

Il punto di vista in questo caso è profondamente femminile, l’opera diventa un grande inno affidato alle donne che cantano ciò che era e ora non è più: le Troiane sembrano non avere più il controllo, ridotte in schiavitù e apparentemente sconfitte, eppure così fiere nel far sentire la propria voce e nel dichiarare la loro appartenenza alla polis, al punto da identificarsi con la distruzione di essa, in un contesto di totale desolazione.

Da questa prospettiva le donne non ne escono affatto sconfitte, ma diventano vincitrici morali mantenendo intatta la propria dignità pur avendo perso tutto, la città, la ricchezza, il proprio ruolo di potere, i figli, il marito.

Indispensabile per queste donne è non rimanere isolate ma cercarsi, stringersi intorno ai resti, aggrapparsi alla memoria e a ciò che rimane, forse è questa la forza delle Troiane, diventare un coro collettivo pronto a spalleggiarsi e a incaricarsi di prestare la propria voce e il proprio sguardo attento alla comunità. 

In questo movimento collettivo si illuminano poi, per brevi momenti, delle figure distinte: Cassandra che nel suo delirio lucidissimo profetizza nella sua prossima fine con Agamennone una paradossale rivincita della Grecia; Andromaca, madre e moglie fedele, riconosciuta da tutti come moralmente integra, costretta a vedere condannato a morte il piccolo figlio Astianatte; Elena, icona dell’eterno femmineo, identificata da sempre come causa e origine di ogni discordia, ma forse solo il capro espiatorio di cui spesso le società hanno bisogno, che viene messa sotto processo da Menelao ed infine Ecuba, madre e sovrana di tutta Troia, che nei suoi densi dialoghi con l’araldo Taltibio fa emergere tutta la disperazione per la sua città al punto da identificarsi con essa.

Addentrandoci nel cuore e nei pensieri di queste donne è possibile spostare la tragedia su un altro piano, ci si imbatte infatti in una tragedia definibile come “psicologica”, come se la guerra non fosse più solo esteriore ma si giocasse in un terreno interno, più sottile e allo stesso tempo più profondo, dentro agli animi, ai desideri, alle incertezze e alle contraddizioni di queste donne, attraverso i loro dialoghi, i loro canti e le loro invocazioni, quasi fosse concessa solo a loro questa ricchezza umana.