Laboratorio delle idee per la produzione e la programmazione dello spettacolo lombardo

LE NOTTI BIANCHE

LE NOTTI BIANCHE - Immagine: 1
compagnia: Fondazione Palazzo Litta Per Le Arti Onlus
di: Fëdor Dostoevskij
drammaturgia: Elena Patacchini
cast: Alma Poli e Diego Finazzi
regia: Stefano Cordella
durata: 70 minuti
LE NOTTI BIANCHE
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Scheda tecnica

Il sognatore è un fantasma che si aggira nelle vite degli altri, prende dalla realtà e la trasforma, crea e disfa storie nella sua testa. Perso nei suoi viaggi mentali, spesso si dimentica del mondo reale.

La solitudine è il motore della sua immaginazione che lo porta a vagare di notte, cercando incontri che possano nutrire la sua fantasia. Lui conosce tutti ma nessuno conosce lui, bloccato tra l’attesa della vita e la paura stessa di vivere. Vive così intensamente le sue allucinazioni da non riuscire ad aprirsi agli altri, terrorizzato dallo scontro con la realtà. Gli unici dialoghi sono con le case e gli edifici che lo circondano. Si sente inadeguato, inadatto alla quotidianità e alle dinamiche relazionali che lo obbligherebbero a mettere in discussione il suo mondo immaginario.

L’incontro con Nasten’ka arriva per caso, in una notte bianca in cui il giorno si confonde con la notte. Riesce ad avvicinarla solo perché scorge in lei un momento di fragilità.

Nonostante le raccomandazioni della ragazza, il sognatore s’innamora e di fronte a questo sentimento autentico anche il più vivido dei sogni si offusca, la timida fantasia si mostra per quello che è: “schiava di un’ombra, di un’idea”. E invano il sognatore fruga nei suoi vecchi sogni, cercandone uno che possa scaldarlo come l’emozione che sta provando nell’incontro con Nasten’ka. Perché anche la più elaborata delle allucinazioni non può competere con la vita che esplode.

In questo modo, il posto dei sogni verrà rapidamente sostituito dai rimpianti. Tra la nostalgia per quello che non ha mai vissuto e la malinconia per le occasioni sprecate, il sognatore trascorre quattro notti con Nasten’ka assaporando per la prima volta nella sua vita la consistenza della realtà, l’adrenalina del presente e la possibile costruzione di un futuro.

 

Note di regia

Il sognatore non riesce ad accettare la limitatezza della quotidianità. A suo modo si ribella all’apatia dilagante e non trovando soddisfazione e spazio nella realtà, sogna. Da qualche parte dentro di se desidera una vita normale, ma non gli appartiene. Tanto che quando gli si presenta la possibilità di vivere una relazione con un’altra persona non riesce ad accontentarsi dell’incontro e si innamora. Ha bisogno di vivere all’estremo e non è in grado di misurare le sue emozioni. Nei sogni può ottenere quello che vuole (pagandone poi il prezzo nel momento del risveglio e del disincanto) ma l’impatto che l’incontro con Nastenka ha in lui è devastante perché intravede la possibilità di vivere un sogno reale, ad occhi aperti, attraverso un incontro tra corpi che non è mai riuscito a concedersi.

Lo spettacolo è costruito sullo scheletro drammaturgico e tematico del racconto di Dostoevskij per poi prendere un respiro più contemporaneo nel linguaggio e in alcuni riferimenti.

Lo spazio scenico ha pochi elementi essenziali che mettono gli attori nella condizione di lavorare principalmente sulla relazione, sul bisogno estremo che hanno i personaggi di essere visti e riconosciuti. È l’incontro imprevisto tra due esseri umani che hanno sperimentato sulla propria pelle la vera solitudine e ora hanno forse una possibilità di rinascita, aiutandosi reciprocamente.

Notti Bianche è uno spettacolo che vuole esplorare i delicati disequilibri dell’intimità, con disperata e violenta tenerezza.

Le luci e la musica, suonata live dagli attori con una tastiera elettronica, avranno un ruolo molto importante nel raccontare il rapporto tra sogno e realtà, che in questo testo vede un ribaltamento di segno: la difficoltà di stare nel presente è il grande tema dei protagonisti, i quali, per sopravvivere, si rifugiano nei sogni e nell’ immaginazione fino alle estreme conseguenze.

Il Sognatore e Nasten’ka vivranno insieme quattro notti che cambieranno per sempre le loro vite, in un viaggio intimo e poetico alla disperata ricerca di almeno un’istante di autentica felicità.

“Un intero attimo di beatitudine… È forse poco nella vita di un uomo?”

 

Note alla drammaturgia

Ci coglie sempre impreparati la domanda: quanto è reale quello che viviamo? Le situazioni che abitiamo, tutte le cose che ci circondano, esistono davvero? Il protagonista del racconto Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij si autodenuncia sognatore e attraversa e narra la sua non-storia con una parabola feroce che lo conduce dall’incanto all’inferno. Dal vagheggiamento al risveglio. Una creatura sola, fantasma tra i fantasmi, che soffre e al tempo stesso difende la sua condizione di estrema solitudine. Un luogo mentale, quello raccontato – quello scoperto – dove tutto accade mentre non accade niente. Dove ogni incontro e ogni parola, dove ogni emozione (anch’essa immaginaria?), dove tutto viene vissuto fino all’eccesso senza obiettivi e durata, ma solo per assecondare il proprio inestinguibile destino di apparizione e poi – silenziosa, misera, umana – scomparsa. Il lavoro di riscrittura si è sviluppato a partire da una volontà di conservare l’essenza dell’opera. Due protagonisti fragili, improbabili, un incontro inatteso, un susseguirsi di notti, una fine. Ed è stato nel tentativo di restare fedeli che il tradimento si è fatto urgente, quasi necessario. I personaggi si sono reinventati e calati in un incerto e desolante contemporaneo. La struttura ha ceduto dove incapace di sopportare il peso dell’oggi. Perché a distanza di quasi 200 anni, gli interrogativi esistenziali proposti da Dostoevskij sembrano intatti. Stiamo davvero vivendo? Che fine fanno i nostri sogni? È sbagliato, o pericoloso, affidarsi alla nostra fantasia, dimenticando di abitare il quotidiano con le sue piccole concrete presenze?

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