Chef
Di lei non conosciamo il nome, la chiamano Chef, è tutto. In una cucina industriale, asettica, che diventa un banco degli imputati dove si giudica cosa è bene e cosa è male, Chef ci racconta, attraverso gli eventi più significativi della sua vita, come ci si ritrova dall’essere a capo di un ristorante di alto livello a gestire la cucina di un carcere femminile. “Chef è una precisa categoria di persone – scrive Serena Sinigaglia – quelle disgraziate, quelle che vivono ai limiti, quelle della droga, delle risse, del malaffare, quelle che nessun padre, nessuna madre tolgono dalla strada.
Quelle che sbagliano e che la nostra giustizia punisce o rieduca, dipende da come la si vuol guardare”. Chef è stata condannata: si trova in carcere perché accusata di omicidio premeditato nei confronti del padre. E mentre gestisce con le sue due assistenti il servizio giornaliero, è di nuovo sottoposta a processo per l’ambiguo tentativo di suicidio di una delle due detenute che lavorano con lei, Candice. “Chef è anche una condizione esistenziale che ci riguarda tutti – continua Sinigaglia – Chef è il diritto alla scelta, giusta, sbagliata, non ha importanza, l’importante è averla una scelta. Ma se non ce l’hai, non hai il diritto di gridarlo a gran voce? Bene. Ma non basta ancora. Chef è una vittima dal destino segnato, figlia di padri e di madri che non sanno fare il padre e la madre. Chef è il tentativo di un riscatto che, al di là delle apparenze e di tanta retorica, la nostra società non perdona e non permette.
Figlia di una libertà apparente che ti affoga nell’ipocrisia e nell’indifferenza. Il monologo della Mahfouz è straordinario, straordinario nel veicolare temi tanto profondi con la leggerezza tipica dei grandi scrittori di teatro. Non è realistica, è epica.
Come Shakespeare maneggia la musicalità della parola, la leggerezza del suo incedere, mediando con sapienza il comico e il tragico. Chef è una danza, una lingua da mangiare”. Serena Sinigaglia porta in scena un testo profondamente catartico – vincitore tra gli altri premi del Fringe First Award – scritto dalla giovane poetessa, drammaturga, attrice e scrittrice anglo-egiziana Sabrina Mahfouz.
A dare voce e corpo a questa storia feroce, una giovane e bravissima Viola Marietti.