Sussurri
In scena un ambiente freddo, fatto di legno e metallo. Lucido e quasi asettico. Un ufficio? Forse. Vi campeggia un armadio molto particolare. In questo spazio dai contorni definiti ma dalle indefinite potenzialità, si muovono due personaggi. Hanno un compito molto importante: ricostruire storie. Come? A partire dagli oggetti che giorno per giorno si ritrovano tra le mani attraverso l’armadio. Che storia ci sarà oggi? Il gioco è sempre lo stesso: basta aprire un’anta, poi l’altra, e il viaggio comincia… È un gioco molto serio, perché riesce a restituire mondi lontani e fatti altrimenti dimenticati nel vortice del tempo. Storie piccole e semplici, che pochi conoscono, ma di cui tutti sanno: perché le piccole storie fanno la Grande Storia. E un po’ anche la nostra. Oggi è la volta di Sarah e Marie, due bambine di una volta. Aspetta… quale volta? C’era una volta il 1933. C’erano una volta due bambine, due amiche… Ascolta, la storia sta per cominciare.
NOTE DI REGIA
“Sussurri” è stato il primo vero spettacolo che la nostra compagnia, appena affacciatasi al professionismo, ha creato nel 2008. Nella sua prima versione vedeva in scena due attrici e quattro musicisti; quando si dice l’entusiasmo di chi comincia… Già nel 2012 lo spettacolo aveva visto un primo riallestimento con l’obiettivo di rafforzare l’elemento scenografico e di figura: con l’incoscienza dei neofiti, affascinati dai racconti di una delle attrici, reduce da un’esperienza formativa con Teatro Gioco Vita, avevamo deciso di sperimentare le possibilità del teatro d’ombra, sacrificando la musica dal vivo. Uno spettacolo, dunque, “Sussurri”, che consideriamo da sempre un terreno di sperimentazione per la nostra compagnia; uno spettacolo che ci ha permesso di provare strade diverse e di approfondire tecniche a noi prima sconosciute, che ci hanno aperto possibilità espressive poi risultate determinanti per tutte le successive produzioni. Abbiamo quindi deciso, complice la pandemia e il tanto tempo improvvisamente a nostra disposizione, di rimettere mano a questo nostro lavoro, nell’ottica di un nuovo (definitivo) riallestimento. Riallestire significa guardare al passato rivolgendosi contemporaneamente al presente e al futuro. È riprendere in mano cose fatte tempo prima, magari anche molto tempo prima, e guardarle con uno sguardo diverso. Con un mezzo sorriso, affettuoso e forse indulgente verso alcuni errori, e con una buona dose di coraggio, ci si accinge a rimaneggiare il passato, dandogli nuova vita. O meglio, partendo dal passato, si prova a scrivere un nuovo capitolo, alla luce di una più matura consapevolezza. Questo è il percorso che abbiamo seguito, rimettendo in prova “Sussurri”. Tuttavia, accanto al gioco della sperimentazione teatrale, è evidente che ciò che più ci interessa di questo spettacolo è la storia di cui è portatore. Una storia di amicizia sulle soglie di una tragedia, forse la più efferata che la Storia recente (ormai non così recente) abbia avuto modo di testimoniare. Una storia di amicizia che cerca di resistere, nonostante i divieti e la paura, che vuole resistere. Anche perché la tragedia, quella orrenda, che andrà a distruggere sistematicamente milioni di persone, non è ancora arrivata. Se ne vedono le avvisaglie, le prime manifestazioni, ma, in scena, non si consuma. Il dramma è sviluppato attraverso piccoli gesti, parole, divieti e si snoda nella crisi di una società che da civile ritorna tribale, dove al diritto razionale si sostituisce la legge del più forte. La sfida, in parte, è stata proprio quella di voler parlare di Olocausto senza nominarlo in alcun modo, senza arrivare a quel punto di rottura, ma lasciandoci appunto alla pagina precedente, per indagare cosa succede prima, cosa si muove nella mente di due bambine e di un’adolescente che assistono ad un cambiamento epocale, all’avanzamento di un male banale e insensato e, forse per questo, tanto temibile. Pochi anni, poche date importanti, in cui tutto precipita ad una velocità impressionante: la politica cancella la democrazia, la società è smarrita nel pregiudizio razziale, i rapporti umani si ingrigiscono, si irrigidiscono e lasciano presagire la futura ferocia. E il senso del percorso era (ed è) proprio questo: non solo e non tanto raccontare la cornice storica, pur fondamentale; quanto impostare con i nostri giovani spettatori una più ampia riflessione sulla società, che, a partire dal passato, guarda all’oggi. La follia dell’ideologia che ha ispirato Hitler è cominciata in forma legalizzata, con libere elezioni e col nome aberrante di leggi razziali. Questo è stato l’inizio di una tragedia dagli sviluppi incalcolabili. E, in seguito, l’inizio di altre tragedie, più recenti e forse (ma solo forse) meno efferate, che hanno colpito società dove qualcuno ha ritenuto, per i motivi e le ispirazioni più disparati, che la separazione forzata delle diversità fosse utile strumento di potere. Con questo spettacolo, invitiamo i giovani spettatori a tenere gli occhi aperti, ad essere vigili, sempre; perché la democrazia è cosa fragile, in sottile, precario equilibrio. Li invitiamo, attraverso questa storia di amicizia di ormai tanto tempo fa, a sentirsi partecipi di quel che accade intorno a loro e ad esercitare, sempre, la libertà di poter scegliere da che parte stare.