Barbablù
Barbablù vive e si situa attraverso corsi e ricorsi storici, mediante e mediato nelle sue molteplici rappresentazioni, si sposta dalla pittura al cinema, passando per la letteratura e il teatro.
C’è una sorta di recidività in questa figura, si camuffa, si insinua e imperversa iconoclasticamente distruggendo e rinascendo in nuove immagini di sé.
Ad oggi Barbablù non è solo un personaggio, ma un territorio in cui precipitano urgenze e istanze che raccontano del nostro presente e dell’ atavica irrisoluzione dell’ individuo sociale, in merito alla violenza, alla supremazia e al gioco di potere che l’uomo attua sulla donna, sulla persona e su se stesso.
Prendendo atto della gravità che una figura come questa possa incarnare nelle strutture e nelle narrazioni attuali, il tentativo di questa operazione scenica tratta proprio la vivisezione di questo personaggio/luogo, la scomposizione di tutti i suoi connotati, nell’ottica di disintegrarlo e osservarne i moti di rinascita.
Lo spettacolo non vuole essere un grido di denuncia, un passo scomposto e accorato con e contro lo stato delle cose, ma un'analisi poeticamente chirurgica che ragioni su Barbablù come un archivio, per depotenziare la sua immagine frame per frame e allo stesso tempo depositarlo eternamente nella sua teca, come un Homunculus alchemico chiuso nella sua ampolla.
La scatola del teatro, con il suo linguaggio e nella sua struttura, viene abitato da questa indagine sentimentale, diventando appunto un mausoleo, o una vecchia pellicola sbobinata da un attore e un'attrice, insieme dentro e fuori la stanza segreta.
Barbablù e Giuditta sono tracce, impronte che i due attori in scena cercano di scovare e formalizzare; i due performer si faranno ombra di fiaba, spettro non binario ma caleidoscopico di una natura continuamente interrotta e riavvolta come il nastro dell’opera di Bartók nel Blaubart di Pina Bausch.
Lo spettacolo intende rivolgersi alla fascia adolescenziale a partire dai 13 anni di età.