LA VITA, IL SOGNO
Considerato uno dei più grandi capolavori della drammaturgia di tutti i tempi, La Vita è sogno di Pedro Calderòn de la Barca ha trovato in Franco Loi il poeta ideale per una originale versione milanese in versi del testo.
Loi, poeta della milanesità, è qui creatore di un dialetto inedito e unico.
La storia di Calderon viene sottratta al suo contesto originario, per essere ambientata nella città meneghina, rappresentata da uno dei suoi luoghi simbolo, il Castello Sforzesco, dove re, aristocratici polacchi e spagnoli diventano Galeazzo Sforza ed i nobili della sua cerchia.
Gli Sforza per parlare di noi oggi, a Milano. Per dar corpo ad una favola che vuole raccontare come si può imparare a superare l’insensatezza del vivere e arrivare al bene inteso come necessità.
Al centro dell'azione vi è un protagonista condannato all'oscurità della prigione. Gli intrighi, l'amore, i giochi di potere, i dissidi tra padre e figlio, muovono le pedine di una favola scenica che allude ad aspetti e vicende anche della nostra vita pubblica e privata e ci invita ad una riflessione sulle ragioni del potere, sull'esistenza e sulla libertà.
Se Calderon dice che la vita è sogno, cos'è allora la realtà? Questa la domanda con cui viene interpellato lo spettatore che assiste alla storia di ieri, che parla dell’oggi e del domani. “Una proposta teatrale che coinvolge e fa riflettere, che propone una partecipazione, non solo emotiva, a problemi e idee che sono costitutive della nostra vita e dei nostri sogni”.
Franco Loi
Il progetto
Scritto tra il 1993 e il 1995 per il Teatro Parenti e per la regia di Andrée Shammah, questo testo straordinario nella sua idea di fondo e nella sua macchina teatrale, così pieno di suggestioni, viene oggi messo in scena, in occasione del 50° anniversario del Teatro, in una nuova edizione dal regista Daniele Abbado, nell’ottica della riscoperta della milanesità, di casa al Parenti.
Abbado dirigerà un cast d'eccellenza: Giovanni Crippa, per il quale Franco Loi aveva ridisegnato il suo protagonista (che a causa di un infortunio non lo interpretò mai sulla scena); Ruggero Dondi, Giovanna Bozzolo, Marco Balbi, ed altri interpreti in definizione.
Una messa in scena in cui viene lasciato grande spazio alla poetica di Loi ed alla sua scrittura, caratterizzata dalla scelta del dialetto, inteso non come folklore ma come lingua dell’esperienza e della poesia. Un uso del dialetto non alternativo a quello dell’italiano, ma come attraversamento poetico totale.
Questo nuovo allestimento sarà essenziale, di forte impatto emotivo e intessuto drammaturgicamente dalle musiche di Simone Beneventi e dalle luci di Angelo Linzalata.